“Con profonda tristezza annunciamo che il nostro amato Niki si è spento in pace, circondato dalla sua famiglia, lunedì”. Queste le parole del comunicato della famiglia Lauda.
Su Niki Lauda si sono scritte pagine, libri, enciclopedie intere. Sulle sue gesta in pista un solo film non basta a spiegare la grandezza di un pilota, di un campione dell’automobilismo che ha entusiasmato il grande pubblico per più generazioni.
La scomparsa di Andreas Nikolaus Lauda, campione del mondo ‘75, ‘77 e ‘84, lascia il vuoto di un personaggio che, nel mondo della Formula 1, è sempre stato al centro dell’attenzione grazie al grande carisma e all’immensa autostima.
Poteva piacere o non piacere, ma è stato un grandissimo “influencer” in tutto ciò che ha fatto o detto nella sua vita. In pista e fuori.
Per ragioni anagrafiche non ho potuto partecipare ai suoi successi e alle sue storiche battaglie con James Hunt e Alain Prost, mi sono però fatto un’idea per come me le hanno raccontate su articoli di giornali, film e appassionati più “maturi” di me. Era la Formula 1 romantica, epica, quella dei campioni con gli attributi, quella Formula 1 finita con la morte di Ayrton Senna.
Sarei ipocrita a dire che mi stava simpatico o che stravedevo per lui, ma in me c’era comunque grande ammirazione nei suoi confronti. Per ciò che era, per ciò che è stato, per tutto ciò che ha fatto.
Le sue interviste taglienti mancheranno a questo mondo, un mondo fatto di frasi fatte e dichiarazioni costruite a tavolino.
Un uomo senza veli, fisicamente ed emotivamente. Di ciò che pensavano gli altri se ne è sempre fregato, andando dritto per la sua strada, verso i propri obbiettivi.
Niki Lauda era saccente e mai banale. Un campione vero.