La vittoria dell’Inghilterra in un nostro stadio dopo 62 anni deve far riflettere. E non si tratta di qualcosa alla buona o all’italiana del tipo “è colpa di Mancini; non deve giocare quello ma quell’altro; è sbagliato il modulo; io avrei fatto così o cosà…“. Qui è bene andare alla radice del problema, aniziché dispersi nei meandri della polemica da Bar dello Sport.
Italia: cos’è accaduto dopo il 2006?
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ToggleE per trovare i problemi o il problema che sta affliggendo la nostra Nazionale converrà fare un salto indietro di quasi 20 anni. In Germania vincemmo il Mondiale per tutta una serie di motivi. Prima ancora della pazzia che mise fuori gioco Zidane e con lui la Francia, arrivammo alla finale per un pizzico di Fortuna e per meriti propri. Quella squadra era composta di campioni, uomini che caratterialmente e tecnicamente hanno dato tutto ciò che avevano per portarci sul punto più alto del mondo. Piedi fatati come quelli di Del Piero, Pirlo e Totti, la corsa e l’ardimento di Gattuso, Camoranesi e Grosso. La ferrea cortina di Cannavaro, Materazzi, Nesta e soprattutto Buffon. La certezza assoluta di poter capitalizzare o poter far salire la squadra o di renderci pericolosi su cross o palle ferme di Toni o Inzaghi o Gilardino.
Ecco, slow-motion, fermi un attimo: blocchiamo questo frame.
Ok, ora riscriviamolo di nuovo. La certezza assoluta di poter capitalizzare o poter far salire la squadra o di renderci pericolosi su cross o palle ferme di Toni o Inzaghi o Gilardino.
Sì, ci siamo: abbiamo trovato forse una delle cause principali del nostro discorso.
Luca Toni ha segnato 269 reti in 588 partite in tutta la sua carriera, con ben 16 reti in Nazionale su 47 presenze. Non sono certo i numeri di gente come Cristiano Ronaldo, Karim Benzema o il nuovo strano nascente Holland. Eppure per noi, figli di una patria che a parte “Rombo di tuono”, non ha mai visto un super bomber sempre pronto all’occorrenza, può bastare.
Statitiche centravanti Italia dopo il 2006
Da quel gigante di Germania 2006 fino ad oggi chi è diventato il nostro numero 9? In Sudafrica Quagliarella/Pazzini che hanno un bottino complessivo in Azzurro di 9 reti e 4. In Spagna Balotelli che ha chiuso in Azzurro con 14 reti complessive.
In Brasile ancora Super Mario e un giovane Immobile. Di questi ragazzi, di cui alcuni ancora giocano ancora, quali ricordiamo per avere siglato reti a gogò o aver fornito assist a più non posso? Nessuno!
Con tutto rispetto per le prestazioni dei rispettivi giocatori nei club. Alcuni di loro, Immobile per esempio, ha rappresentato e tuttora è l’emblema dei grandi mumeri della sua Lazio. Innegabile che i record di Immobile siano considerevoli, ma è altrettanto palese che in Azzurro il bomber di Torre Annunziata ci ha deliziati poco con i suoi goal che in tutto sono finora 15.
Al cospetto delle prestazioni e dei numeri di Filippo Inzaghi (25) e di Luca Toni (16), questi dati sono una miseria. Una povertà che ci portiamo avanti da più di un decennio.
Mancini: gioco Italia ed Europeo 2020
Quando Mancini, dopo la deriva di Ventura, ha preso in mano la Nazionale Italiana sapeva già che la crisi del centravanti era in fase avanzatissima. E così ha provato a guardare al futuro.
Da Guardiola e da Gasperini in poi si è iniziato a parlare di posizioni dei giocatori e non più dei ruoli. Ovvero abbiamo cominciato a vedere un calcio fatto di capacità degli uomini di occupare lo spazio. Il difensore centrale che entra nell’azione offensiva, il quinto di destra che manda a rete quello di sinistra, il trequartista che diventa punto centrale di riferimento per sbloccare lo spazio dei laterali e così via.
Un’idea di calcio che può anche incantare, fra passaggi, tocchi e corse nello spazio. Un’impostazione tattica che crea in campo aperto delle azioni meravigliose e spesso ci porta a risultati e rimonte clamorose.
Il Mancio ha così ben pensato di traslare questa idea di gioco ai suoi ragazzi.
Un’Italia giovane, scattante e brillante che spingeva con i suoi terzini (Spinazzola e Di Lorenzo), si scambiava gli esterni (Insigne e Berardi) e creava spazi devastanti come quelli in cui un Chiesa poteva infilarsi per colpire le difese avversarie. Infine una difesa forzuta e granitica con Chiellini e Bonucci e un centrocampo mobile e coriaceo con Locatelli, Verratti, Jorginho e Barella.
Tutto perfetto, tutto infinitamente bello e tutto ben riuscito: Italia campione d’Europa nel 2020!
Immobile statistiche e prestazioni Italia
Il centravanti designato nell’11 di partenza di quell’Italia era Ciro Immobile. Ciro ha un totale di 15 reti in 55 presenze con la sua Nazionale.
E già qualcuno dirà: beh Toni ne ha fatte 16. Non è che ci sia una differenza sublime. E invece sì! Perché in quei 16 goal l’ex centravanti della Nazionale ha inciso e non poco. Non ricordiamo di lui soltanto la doppietta contro L’Ucraina, ma anche la tripletta contro la Bielorussia nelle qualificazioni e soprattutto gli assist a favore di compagni. Toni era la boa, verso cui si accentrava il gioco. Immobile e i suoi predecessori erano un collante in più, non essenziale.
Infatti spesso Immobile è stato sositutito intorno al 60′ e del cannoniere laziale non abbiamo che offuscati ricordi in Nazionale. Spesso rilegato a fare il ruolo di sponda o a prendere a sportellate i difensori centrali avversari.
Classifica marcatori serie A: i bomber di oggi
Poiché l’ex Scarpa D’Oro quest’anno è un po’ ai margini del progetto Lazio, cogliamo l’occasione a partire dalla sua crisi per completare il nostro lungo discorso.
Oggi il Re della Serie A è il nigeriano Osimhen del Napoli. Potenza, scatto, fisico, elevazione e grinta da vendere. Il ragazzo mascherato con i suoi 21 goal stra trascinando il Napoli verso un terzo scudetto meritatissimo e indimenticabile.
Ma proprio le sue 21 reti devono suonare l’allarme rosso per la Nazionale!
Lo scorso anno furono Giroud e Ibrahimovic a trascinare il Milan campione d’Italia. L’anno prima, quello dell’Inter di Conte, vide il predominio assoluto della coppia Lautaro-Lukaku.
Nell’anno della Juventus, quel pandemico 2020, fu Cristiano Ronaldo a trainare la barca fino all’arrivo.
Penso che non ci sia più bisogno di dilungarsi oltre.
Il focus su cui volevamo arrivare è ormai evidente. L’Italia non ha più un centravanti vero dal 2006. E per vero intendiamo un Vieri, un Inzaghi, un Vialli, uno Schillaci. Gente che sotto porta sa dove stare; che su un cross ci si butta; che sui calci d’angolo vola per segnare; che appena entra in area calcia; che spacca la porta per fare goal!
Dove sono i nostri nuovi numeri 9? Scamacca? Colombo? Lucca?
Italia Mancini: problema centravanti
Tutti ragazzi giovanissimi che trentanni fa avrebbero fatto la gavetta in qualche club di maggior spicco per poi aspettare l’occasione giusta. Adolescenti acerbi, che non possono rappresentare per ora il futuro di una Nazione. Poco utilizzati, sparsi in campionati o in squadre che non possono creare un campione. Può essere ci siano le qualità tecniche, ma quelle caratteriali o quelle umane dove sono?
La verità è che l’Italia di oggi ha un tremendo bisogno di uno o più centravanti puri. Mancano i goal e vengono meno anche le finalizzazioni. Mancini sa che non può continuare ad andare avanti così e perciò ha pensato a Retegui che gioca in Argentina. Basterà? Abbiamo colto il nostro nuovo numero 9? Chi lo sa!
Resta palese e sconcertante che in questo campionato non escano più fuori i Massaro, i Rizzitelli, i Di Natale di oggi. I club devono far qualcosa a livello giovanile per risolvere questa crisi. Devono sganciare i ragazzi talentuosi e aver il coraggio di tenerli. Gli allenatori dovrebbero smetterla di considerare il numero 9 un surplus da usare per metà partita.
Servono forze fresche che giochino nella nostra serie A e che possano rappresentare la rinascita di un ruolo, quello del 9, che sembra ormai un cimelio vintage più che un’esigenza reale.