La notizia è giunta ieri come una frustrata, come un colpo di bora friulana. Leggere che se n’è andato per sempre Bruno Pizzul trasmette una sensazione sconcertante. Non ce ne sarebbe bisogno, ma in pochi minuti sei già su Youtube a cercare e ritrovare sottili stralci di telecronaca, citazioni, scorci di parole: il bisogno è quello di risentire ancora quella voce soppesare alacremente le dotte parole italiane della cronaca sportiva.
Italia Nigeria 2-1: telecronaca di Bruno Pizzul
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ToggleIn quell’epifany di stampo joyciano tutto torna. Fatemi un attimo tornare indietro a più di vent’anni fa. Siamo a casa di mia nonna. Ci sono io bambinetto e accanto a me mia nonna, mia mamma e una cara amica di famiglia, che definirei per il bene che mi ha voluto, una seconda nonna. Siamo tutti seduti appoggiati al tavolo ligneo della casa e il 5 luglio 1994 alle 18 l’Italia si gioca gli ottavi di finale contro la Nigeria. Figurati, se me la sarei persa una sfida simile. Una delle Italie più forti di sempre. Il mio allenatore prediletto in panchina. L’uomo che anni dopo fu definito il creatore del Milan più forte di sempre! L’emozione del mio primo Mondiale (da cosciente di calcio). L’avevo seguito tutto quel torneo. Tutto trasmesso in chiaro dalla RAI, perché non c’erano canali On demand o repliche o differite. I contenuti non potevo gestirli io. O c’ero o non ci sarei mai stato. Ma io, tifoso del calcio in sé, io che passavo i pomeriggi e le sere a vedere partite e a giocare con quei ragazzi miei coetanei in sfide che duravano l’eternità. Beh io non potevo proprio perdermi Italia-Nigeria.
Pizzul e Baggio: la sinfonia di USA ‘94
Specialmente se a commentare c’era Lui. C’era quella voce. Quella sobria dizione, eppur fine che ti guidava dal 1’ al 90’ da sinistra a destra del campo di gioco.
Quella sfida fu uno strazio, un eroico strazio. La Nigeria va in vantaggio con Amunike. L’Italia è in inferiorità numerica per l’espulsione di Zola. Un’agonia. Pizzul tentava di tenerci sù, di trasmettere sempre una simpatica positività, ma l’idea che il nostro cammino in America fosse presto finito, io un po’ me lo sentivo. Come spesso accade agli sfiduciati come me, i miracoli accadono. E il miracolo diventò quel nome, quel genio, quel campione di nome Roberto Baggio. Proprio quel Baggio che in quel Mondiale divenne eroe e che creò con Pizzul la sinfonia perfetta che ancora oggi tutti ricordiamo.
“Un’iniziativa, attenzione, la palla è per Baggio e goooal di Roberto Baggio proprio al 43’ del secondo tempo”. E poco dopo, durante il secondo tempo supplementare, ancora: “Rigore, rigore, rigore, questa volta l’arbitro lo concede al 10’ del primo tempo supplementare”. “Parte Baggio, sì goal!”. Il resto poi lo sappiamo tutti.
La partita finì alle 20.45 circa o giù di lì. Uscimmo tutti, anche le vecchiette. Trombette, urla, cori: forza Italia! Era, come diceva lui,
“Tutto molto bello”
Bruno Pizzul: la voce gentile del calcio
Da quel miracolo in poi, uscivi da casa tua e trovavi mezza popolazione italiana con il codino. Era ormai un idolo nazionale. Era la nota sinfonica che Pizzul scandiva maggiormente. In quel cadenzato professionale Roberto Baggio c’era la voglia di esplodere di una voce. Di una contentezza. Di un’euforia. Ma non si poteva fare allora, come lo si fa oggi. I gran signori come Pizzul non erano urlatori. Erano uomini in medietas. Erano galantuomini.
Ve lo ricordate? “Gentili signori all’ascolto buonasera”. Lui era quel galantuomo che entrava nelle case degli italiani non per disturbare. Provate a immaginarvelo. Un omone di 1.93, elegante, sobrio, piacevole ed educato che vi bussava alla porta e vi chiedeva se poteva gentilmente commentare e offrirvi 90’ di un bellissimo spettacolo sull’erba verde. Nulla di più e nulla di meno. Finita la partita se ne andava con lo stesso garbo con cui era entrato. A uno così non potevi non aprire la porta.
Italia-Brasile: Pizzul e la finale del ‘94
Anche quella dannata sera a Pasadena il 17 luglio 1994. Ah…Dalle mie parti tutti aprirono la porta. Se chiunque fosse passato per le viuzze di quel cortile, non sentiva altro che una voce fine e affabile, che accompagnava tutte e cento le case o giù di lì. Perché in fin dei conti lui non disturbava mai. La sua telecronaca non era una flycam che a 360° doveva per forza descrivere tutto come accade oggi. Ogni secondo ha un nome, ha un’immagine, ha un commento, ha una proposta pubblicitaria e ha un aneddoto.
Per chi ha maggior memoria si ricorderà che Pizzul, durante quella finale, non sfoggiava un continuo eloquio di nomi, soprannomi, riflessioni o altro. Accennava ai nomi degli Azzurri. Dino o Roberto, ogni tanto, ma non andava oltre. Non doveva accanirsi o mettere in scena l’emozione di una finale. Lui era il narratore che descriveva a chi non era sul campo ciò che vedeva. Il resto lo facevano la palla che rotolava e le grandi giocate. Anche nei quattro momenti drammatici (sportivamente parlando) che visse non espresse mai la frustrazione, se non con poche succinte parole: “Roberto Baggio…alto…il Brasile è campione del mondo”.
Pizzul: il labor limae delle cronaca sportiva e le espressioni più famose
Le telecronache di Pizzul avevano anche dei minimi momenti di silenzio. Perché come dichiarò lui “Il calcio è fatto anche di momenti noiosi”. Eppure in quella voce italica piacevole i suoi “Eh…” o “Eh poi…” o il suo semplice “Ed è goal” c’erano tutte quelle parole che occorrevano. Come se rispetto agli anglicismi, agli spagnolismi e alle web-words, agli hastag parlanti e alle spettacolarizzazioni, lui facesse un lavoro di “labor limae”. Il tono, tuttavia, era così marcato, così limpido ed empatico che le sue parole, il suo timbro, la sua gentilezza vocale sono lì, ancora oggi. Ancora ricordiamo le immagini di quei momenti, dove eravamo e con chi.
Perché in fin dei conti Bruno Pizzul, ex calciatore, non doveva indicare dove passar la palla. Non doveva esaltare o sminuire le doti di un giocatore o di un arbitro. Non doveva usare un’iperbole per descrivere un’ottima azione di calcio imbastita. Quella sera avrebbe potuto esaltare a più non posso Pagliuca che ci tenne in vita o il palo di Romario. Ma non lo fece. Così come negli anni a venire non si scompose mai davanti ai drammi sportivi che visse. Non espresse mai la frustrazione, se non con frasi semplici e significative: “Trezeguet goal…la Francia è campione d’Europa”. Non serviva altro. Il campo parlava da sé, alcune partite come ricorda il telecronista di oggi Repice si raccontano da sole. Pizzul faceva come i grandi scrittori: le lasciava raccontare. La palla rotolava, i sentimenti non c’erano più e solo le giocate superbe erano il momento di pathos degli ascoltatori. Non serviva caricarle o rapportarle o altro.
Come altro non mi serve per ringraziare a nome mio e di tutti gli sportivi, a nome di tutti gli italiani e le italiane le tue indimenticabili telecronache. Addio Bruno Pizzul. Eh…non è goal! Questa volta no, non è goal!
credit foto: Stefano Fornaro – Milanoweekend – AIA Milano