Il successo, non solo di pubblico e di attrattiva mediatica, dei recenti mondiali in Francia sta spingendo il calcio femminile sempre più verso il riconoscimento del professionismo. L’ultimo mattone di una strada che, purtroppo, appare ancora troppo lunga è la recente equiparazione da parte dell’Ajax in Olanda, dei livelli contrattuali ed economici per i propri tesserati, siano essi uomini o donne. Il club di Amsterdam si conferma così precursore e all’avanguardia rispetto ai tempi, almeno nel vecchio continente.
Dalla prossima stagione, il club dei lancieri applicherà le stesse condizioni contrattuali alla squadra maschile e a quella femminile (salario minimo, vacanze, assicurazione, ecc.). Ovviamente, questo non significherà che le donne percepiranno lo stesso stipendio dei colleghi maschi (considerate le ovvie differenze in termini di visibilità e sponsor), ma aprirà tutto il comparto di calcio in rosa al professionismo.
A mettere tutto nero su bianco sono stati Edwin van der Sar, direttore generale dell’Ajax ed ex portiere alla Juventus, e Ko Andriessen, direttore del sindacato ProProf. La battaglia del professionismo e dei pari diritti per il calcio femminile va avanti ormai da anni e, di recente, aveva anche visto la clamorosa decisione da parte dell’ultimo pallone d’oro, la norvegese Ada Hegerberg, di rinunciare a giocare il mondiale francese in aperta protesta contro la disparità di trattamento tra calcio femminile e maschile.
A dare la stura a questo evento epocale è stato senz’altro il risultato ottenuto dalla nazionale olandese in Francia, che si è arresa soltanto in finale di fronte alla corazzata americana. L’exploit del calcio femminile in Olanda, dove si contano oltre duecentomila tesserate, è dovuto in gran parte anche ai tanti investimenti che sono stati fatti per promuovere il movimento.
Ecco perché, dopo aver vinto gli ultimi Europei, la nazionale Oranje era tenuta molto in considerazione dagli addetti ai lavori agli ultimi mondiali, svettando in cima a tutti i pronostici in compagnia di nazionali del calibro di USA e Germania.
Stati Uniti che rappresentano ad oggi l’unico territorio dove il calcio femminile è considerato uno sport professionistico, seppur a condizioni (economiche) diverse rispetto al campionato maschile.
Oltreoceano, già negli anni Settanta si avvertì il bisogno e l’esigenza di equiparare le condizioni contrattuali delle donne che praticavano sport. Arrivarono così nel calcio femminile i fondi per le strutture migliori e i formatori più bravi; il numero delle calciatrici crebbe vertiginosamente, arrivando a toccare quota mezzo milione di cartellini registrati nel 2018. I successi ai Mondiali e alle Olimpiadi sono stati la diretta conseguenza dell’investimento fatto.
Eppure, nonostante tutto, la Federcalcio americana riserva ancora un budget assai inferiore per la National Women’s Soccer League, rispetto ai colleghi uomini. Tutto questo si traduce in salari più bassi per le giocatrici americane, rispetto a quelli dei colleghi maschi. Una disparità che contrasta con i dati che arrivano dal campo dove la nazionale femminile USA è prima nel ranking mondiale FIFA, a differenza degli uomini che occupano invece il ventiduesimo posto.
La vera rivoluzione per il calcio rosa perciò potrebbe partire dall’Europa. In Inghilterra, ad esempio, la Federazione mette a budget ogni anno circa 18 milioni di sterline per le squadre femminili (è il dato più alto nel vecchio continente). Inoltre, il movimento può contare su quasi 1,8 milioni di calciatrici sopra i 16 anni
Come detto in apertura, tra le nazioni in crescita troviamo l’Olanda, campione d’Europa in carica e vice campione del mondo. Il movimento femminile olandese è nato relativamente da poco (nel 2007 il primo campionato di Serie A) ma il calcio femminile è lo sport più in ascesa del paese.
Va infine segnalato il caso francese. L’attuale campionato di calcio femminile di Serie A (ovvero la Ligue 1) è un torneo semi-professionistico le cui squadre hanno conquistato le ultime quattro edizioni della Champions League. Le calciatrici tesserate sono oltre centomila e il budget destinato al calcio rosa è di 14 milioni di euro all’anno.
In Italia il calcio femminile resta un movimento molto seguito ed in ascesa ma ancora ben lontano dal poter competere con le grandi leghe europee.