Quell’ossessione chiamata Champions League

Quell’ossessione chiamata Champions League

L’allenatore dice “no”. La società dice “forse”. I tifosi dicono “la vogliamo”. Ma lei, la Champions, la coppa dalle grandi orecchie, non si fa prendere e non vuole saperne di prendere la via di Torino.

E sì che ci abbiamo provato per  9 volte riuscendoci solo due a dispetto anche delle decine di campionati nazionali vinti.

E’ vero: la Coppa dei Campioni (poi CL) è nata solo nel 1955 quando noi avevamo già in bacheca 10 scudetti ma è altrettanto vero che, negli anni successivi, ci siamo arrivati vicino tante volte senza riuscire, purtroppo, a portarla a casa.

E da qui nasce l’ossessione di noi tifosi.

Non possiamo più sopportare di vederla, toccarla quasi per, poi, osservarla andare tra le mani di altri.

Il passato



Negli anni passati, le coppe erano viste come un fastidio, non avevano il prestigio attuale perché, il campionato italiano, vedeva militare tra le sue fila i più grandi campioni e vincerlo equivaleva a dare prova di dominio. E a Torino, soprattutto la famiglia Agnelli, ha sempre preferito vincere entro i confini nazionali vedendo le competizioni europee quasi come una bruttura. Perché imbarcarsi in trasferte di migliaia di km per incontrare, ad esempio, squadre di medio/basso lignaggio come il Dundee (con tutto il rispetto), quando in Italia avevi il fior fiore degli atleti con cui duellare e tentare di battere? Oltre ai nostri campioni, c’è stata gente del calibro di Mazzola, Corso, Rivera, Combin ma anche Pulici o Graziani, Altafini, Boninsegna. Giusto per dirne alcuni. Invece, l’Europa poteva essere un coacervo di carneadi con i quali si poteva rischiare la brutta figura.

Il presente

Invece oggi, la Champions League, rappresenta il top del top, il non plus ultra del calcio, il meglio del meglio e vincerla significa praticamente essere i più forti del mondo.

Sì, c’è anche il Campionato del mondo per club ma la Fifa, inserendo squadre africane, australiane ecc. ha, di fatto, sminuito il trofeo riducendolo ad una macchietta, tolta la finale quasi sempre scontata fra Europa (100% di presenze) e Sudamerica (chi ha detto Mazembe?) che ridona il fascino della vecchia Intercontinentale.

Il popolo juventino, quindi, la vuole, la chiede, la pretende. Per la storia, per il blasone, per la soddisfazione e perchè sa di tifare una squadra forte, fortissima nella quale milita il migliore al mondo, un certo CR7 capace, quasi da solo, di schiantare l’Atletico Madrid.

Questo è l’anno, questo deve esserlo.

Fino alla fine, oltre il confine (giusto per prenderci un po’ in giro).