Un’Inter data per morta domina il derby, sorpassa il Milan e torna solitaria al terzo posto grazie a Vecino, De Vrji e Lautaro
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ToggleCara la mia Inter, lo hai fatto ancora, mi hai fregato una volta in più. Eppure ormai credevo di essere vaccinata a quelle montagne russe sulle quali mi hai trascinato in tutti questi anni!
In capo a sette giorni mi hai fatto attraversare l’intero arcobaleno delle emozioni.
Siamo partiti dalla gioia per una vittoria tutto sommato tranquilla e mai in discussione contro il Parma, per poi scendere in picchiata nell’umore, nel gioco e nella personalità nella disgraziata eliminazione dalla Europa League.
Giovedì sera credo di averti odiato. Di aver odiato quella superficialità e quella mancanza di orgoglio e voglia di rivalsa di tutti i protagonisti coinvolti, sia di quelli in campo, che di quello davanti alla televisione, comodamente seduto sul divano di casa.
E nei giorni di avvicinamento al derby, il mio stato d’animo non è certo migliorato. Non mi sono informata sulla conferenza stampa di Spalletti, ho solo dato una distratta occhiata ai convocati per constatare come fossimo ancora contati a centrocampo (Nainngolan ancora infortunato e Joao Mario ancora comprensibilmente scosso per il grave lutto) e l’assenza dell’ex capitano, quello che “per l’Inter, con l’Inter“, ma magari un’altra volta ché ora devo portare avanti questa faida senza senso e, fin qui, senza fine.
Tra intermediari, avvocati, post, like, frecciatine ricevute e date, articoli di giornali apocalittici, fisioterapie, cazzi e mazzi, tu mia Inter ti sei apprestata a giocare una delle gare più importanti della stagione: un derby che oltre a valere la conferma del primato cittadino, (e scusate se poco), poteva determinare anche il controsorpasso ai danni dei cugini pum pum pum e una relativa tranquillità – parola priva di significato se associata al neroazzurro – per la classifica e la zona Champions.
Devo essere sincera, al calcio di inizio il mio ottimismo era sotto i piedi, la partita amorfa di giovedì mi aveva fatto rivedere gli spettri della stagione di un paio di anni fa, quando i giocatori avevano mollato e vincere e perdere era la stessa cosa.
E al pronti via, tutta un’altra musica!
E invece ecco la sorpresa, quella che non ti aspetti: i ragazzi corrono con un senso, pressano, fanno almeno quattro passaggi di fila, ma soprattutto sembrano sapere quello che devono fare e lo fanno.
Dall’altra parte il Milan resta tramortito da un atteggiamento tattico e mentale che neanche loro, al pari mio, si aspettavano e dopo neanche 3 minuti, Donnarumma deve piegarsi a raccogliere il pallone messo nel sacco da Vecino e dalla sua garra Charrua.
Il primo tempo è stato un monologo, eccenzion fatta per un paio di tiri da fuori area e un colpo di testa pericoloso di Paquetà.
Dal canto nostro abbiamo avuto la capacità di creare almeno un altro paio di palle gol nitide (Vecino e Skriniar su tutte) e spinti dall’entusiasmo di una partita finalmente messa nei binari giusti fin dai primi minuti e nella quale tutti i piani venivano rispettati, abbiamo tenuto il Milan a bada con relativa tranquillità.
Pressing, riconquista della palla e pericolosità in avanti, e prima frazione chiusa in vantaggio, cosa chiedere di più?
All’intervallo ho smesso di stropicciarmi gli occhi e ho cominciato a crederci, anche se un po’ di timore di un calo nel secondo tempo nel fondo dell’animo c’era. Ma poi De Vrji è salito in cielo e con un’incornata meravigliosa ha superato nuovamente Donnarumma per il 2 a 0. Apoteosi, e inizio della tachicardia… vuoi vedere che…
A riportarmi con i piedi per terra ci ha pensato Bakayoko, 1 a 2 e di nuovo ansia e spettri da scacciare. E qui cara Inter sei stata perfetta, hai saputo parare il contraccolpo psicologico e ripreso a giocare fino a conquistarti un bel calcio di rigore con Politano. Rigore che Lautaro, el Toro, non ha esitato a mettere dentro: 3 a 1 e un filo di rilassatezza in più per ben 4 minuti, allo scadere dei quali Musacchio ha trovato il gol che ha riaperto la partita e fatto salire la pressione a tutti noi interisti.
Finalmente la festa al fischio finale!
Altri venti minuti – più i canonici 6/7 di recupero, culminati con il salvataggio miracoloso di D’Ambrosio a pochi secondi dal fischio finale – per le nostre sofferenze e poi Inter mia bella ci hai regalato tutto quello che di più potevamo chiedere dalla stracittadina: la vittoria, i tre punti per il terzo posto, il controsorpasso ai cugini, le prese in giro sul povero Piatek che ieri non l’ha vista mai (sempre siano lodati Skriniar e De Vrji), la consapevolezza di avere in rosa un giocatore come Lautaro che, nonostante la giovane età e la prima esperienza in serie A, ha gambe che non tremano e partita dopo partita si sta confermando a grandi livelli.
Ieri ci siamo goduti il fratello buono di Vecino, a cui si potranno dire tante cose, ma non di non “prenderla” nei momenti più importanti. E D’Ambrosio? Dopo la partita inguardabile di giovedì ha sfoderato una delle sue migliori prestazioni, condita da quel salvataggio finale salutata da lui e dalla parte interista dello stadio alla pari di un gol. Ma tutti ieri meritano una menzione di lode, tutti quanti, nessuno escluso BRA-VI, per dirla come Spalletti, che doveva essere alla sua ultima recita e che invece ha saputo mettere in campo una squadra motivata, compatta e di cuore. Così come lo si è giustamente criticato in più momenti quando le cose sono andate male, è anche giusto riconoscergli il buon lavoro svolto nella partita di ieri.
E adesso godiamoci la festa, godiamoci il nerazzurro che è tornato a riempire i nostri cuori sportivi perché per una volta ancora Milano siamo noi!
E facciamolo senza che niente tocchi il nostro entusiasmo, la nostra gioia per l’Inter, ma forse è possibile fare anche una riflessione che non vuole essere una polemica, ma solo una constatazione.
Un anno fa, proprio oggi, Mauro Icardi segnava il suo centesimo gol con la maglia nerazzurra e l’Inter lo celebrava con un post su facebook, che recitava testualmente: “Capitano a soli 25 anni, 100 gol segnati con la maglia nerazzurra, 10 marcatore della storia dell’Inter. E tutto questo è solo l’inizio“.
A corredo la foto di Icardi che orgoglioso mostra la sua maglia i tifosi dopo la tripletta al derby di andata dello scorso anno. Dopo 365 giorni ci ritroviamo con un Icardi che a 26 anni non è più capitano, che da quel giorno ha segnato altri 20 gol, ma che ha disertato la causa nerazzurra da più di un mese. Si è ritirato sul suo personale Aventino, scioperando per non si sa bene quale torto di lesa maestà, mandando avanti la moglie-agente a fargli da araldo e un avvocato impegnato in una surreale mediazione con la società, che continua a pagarlo lautamente, perché torni a giocare.
Mentre lui si nasconde dietro a una infiammazione al ginocchio presente da diversi mesi, la squadra scende in campo ogni settimana senza quello che era stato eletto a suo condottiero e a volte vince convincendo, a volte stenta e a volte stecca esattamente come quando il 9 argentino era in campo. Niente lo ha smosso dalla sue torre dorata fatta di fisioterapie e foto ai cagnolini, neanche la condizione di un attacco del tutto falcidiato da infortuni (Keità) e squalifiche (Lautaro), difficoltà che è valsa l’eliminazione dall’Europa League.
Chissà se assistere a quella che era stato uno dei suoi principali terreni di caccia – il derby – vinto con lo stesso risultato di quello che un anno fa lo aveva consacrato nei cuori di tanti tifosi, da una squadra che ha sopperito in un momento decisivo alla sua assenza e vedere il suo amico, Lautaro, diventare minuto dopo minuto il punto di riferimento di compagni, allenatore e tifosi non lo inducano a farsi qualche domanda. Magari più consistente di un tardivo post su instagram. Perché alla fine, quello che ha più da perdere da questa situazione in termine di credibilità professionale e forma fisica è proprio lui.
Raccolga i cocci di questa situazione e provi a recuperare la dignità necessaria per finire la stagione in maniera degna e non dentro una soap opera. Dopo, a bocce ferme, si tireranno le somme con lui e con qualche altro simpaticone del gruppo, ma almeno usciamo da questa situazione che assomiglia più a una barzelletta che a altro.
Noi intanto abbiamo fatto pace con la nostra squadra, ci coccoliamo i nostri eroi per una sera, Vecino, De Vrji, Lautaro e D’Ambrosio e la nostra Inter tutta, che per una volta ci regala una sosta di campionato da passare con il sorriso.